Proseguono le nostre interviste tra gli esperti del mondo cinofilo, Allevatori di eccellenza, Handler, Veterinari, al fine di comprendere cosa determini un Allevamento di eccellenza, quali siano le falle normative a loro favore e cosa si dovrebbe fare per impedire il proliferare di cagnari e pseudo allevatori. Risponde oggi Stelio Rossini, cinofilo esperto e segretario del kennel Club di San Marino, allevatore di Australian Shepherd.
10 Domande. Risponde: Stelio Rossini
Fin da piccolissimo la passione per i cani è sempre stata una costante ma purtroppo come spesso accade i genitori sono contrari alla presenza di un animale da badare oltre ai figli, soprattutto se si abita in un appartamento per quanto grande possa essere. Ma, finalmente, nel 1979 dopo anni di canarini, pappagallini, pesci, il mio primo cane. Una femmina di pastore tedesco di media qualità ma adorabile, che ha dato inizio a quella che sarebbe stata poi la mia vita di cinofilo e allevatore amatoriale.Dopo aver seguito questa razza per almeno una decina d’anni con risultati altalenanti e con non troppa costanza data la giovane età e, la non piacevole, esperienza con l’allora società specializzata, mi sono avvicinato al mondo espositivo di bellezza seguendo appassionatamente altre razze di cari amici che mi hanno aperto un mondo. Come sempre nelle cose che ho fatto nella mia vita, mi sono gettato a capofitto nella cinofilia studiando standard, associandomi all’ENCI, iniziando la “carriera” di commissario di ring, conoscendo, frequentando per quanto possibile e apprendendo da alcuni dei più prestigiosi e preparati giudici e allevatori dell’epoca.
Successivamente ebbi modo di conoscere per la prima volta una delle razze che più mi sono nel cuore, la preferita di mia madre, l’Irish Wolfhound o levriero irlandese e per alcuni anni ho aiutato e seguito alcuni amici che avevano iniziato ad allevare questa magnifica razza, tra cui l’allora presidente del club del Levriero sig.ra Angela Amaturo, una grande appassionata cinofila ed esperta anche per la razza Schnauzer. Negli anni successivi grazie ad una grandissima amica allevatrice José Van Der Gronden dell’allevamento Van Haisherak, purtroppo prematuramente scomparsa, ho avuto modo di apprezzare una razza che mai avrei pensato di poter amare, il Rottweiler. Ebbene è stata una scoperta, soprattutto dopo che le selezioni di tale razza avevano cominciato a lavorare seriamente sul carattere. Ho avuto il privilegio di collaborare con questa amica per parecchi anni e ne abbiamo passate davvero di tutti i colori ma fortunatamente anche con grandi soddisfazioni. Il mio allontanamento dal Rottweiler è stato determinato dal grande dolore provocato dalla morte di una mia femmina di punta (la preferita) cercata e allevata con anni di selezioni a soli 4 anni per un tumore mammario che se l’è portata via in 6 mesi. Per la prima volta rimasi senza cani per ben 6 anni, non potevo nemmeno pensare di averne altri.
Nonostante questa triste parentesi, devo dire che i cani hanno sempre e comunque fatto parte della mia vita anche a costo di sacrifici e rinunce, mi hanno dato grandi gioie e permesso di conoscere e pregiarmi dell’ amicizia di grandi persone e allevatori tra cui citerei Luana Martinini dell’allevamento di bulldog Buck and Sons; Rita Berces allevatrice in passato di Alani e attualmente di Pastore belga Tervueren; Silvia Saponi allevatrice e grande esperta di Tibetan Terrier con l’affisso Lost Valley e tantissimi altri che mi scuso di non poter citare personalmente.
Nel 1986 mi associai per la prima volta al Kennel Club San Marino e dopo l’inevitabile avvicinamento ho iniziato a collaborare con l’allora Segretaria Generale sig.ra Joan Keukens e l’allora presidente sig. Franco Stacchini fino a divenirne consigliere, segretario e dal 2013 segretario generale e nuovamente consigliere. Da molti anni seppur dall’esterno mi sono appassionato alla razza Australian Shepherd è davvero una razza stupenda che spero non si rovini a causa della moda. Nel 2013 dopo ben due anni di attesa ho acquistato la mia prima blue merle in Croazia, qualche anno dopo ho avuto l’onore di avere un’altra femmina black tricolour “Made By Patchwork” dell’ottimo allevatore sig. Daniele Moroso con cui ho anche l’onore di collaborare, e spero di poter ottenere anche dall’allevamento questa razza qualche soddisfazione.
Dal 2016 faccio parte del Consiglio Direttivo dello IASA (Italian Australian Shepherd Association) e della Herding dog commission dell’FCI. Forse qualcuno obietterà sul fatto di non avere avuto e amato sempre e solo una stessa razza o di non avere un allevamento con affisso riconosciuto ma mi sono sempre ritenuto e mi ritengo un amante del “Cane” proprio come specie e mi appassiono a tutte le razze che ho modo di conoscere da vicino, ne studio gli standard e le principali linee di sangue, ne frequento gli allevamenti (più seri), insomma cerco di saperne sempre di più perché anche nella cinofilia come nella vita non si smette mai di imparare e credo senza falsa modestia di essere un buon studente. Grazie.
Stelio Rossini
Conoscenze nuove metodiche e accresciuta consapevolezza: cosa determina l’evoluzione dell’allevamento cinofilo, nello specifico della nostra razza?
La conoscenza è sempre e comunque un fattore positivo in ogni campo e/o situazione ma è utile solo per coloro che la mettono in pratica. Per ciò che concerne l’allevamento cinofilo ritengo che la sua evoluzione sia dovuta spesso, purtroppo troppo spesso, alla moda del momento più che alla vera passione per la selezione; ovviamente sto parlando a livello generale ma ho notato che se miglioramenti ci sono stati sono stati determinati soprattutto dal fattore economico (interessi privati).
La differenza tra amatoriale e professionale è solo una questione di numeri? O anche di qualità? A numeri elevati corrisponde maggiore selezione? Dove sono le criticità in questa equazione?
Anche in questo secondo caso tutto è relativo in quanto esistono numerosi ottimi allevamenti professionali e altrettanto pessimi, così come quelli amatoriali. La differenza nei numeri è certamente rilavante ma purtroppo non è direttamente collegata alla qualità dell’allevamento. Spesso infatti, poiché sorge la necessità oggettiva di avere dei rientri economici (nel minor tempo possibile) dall’attività allevatoriale si riduce la qualità, intesa come selezione, dell’allevamento stesso. Ovviamente, ciò non è vero in assoluto, esistono infatti moltissimi allevamenti professionali che lavorano sempre in modo irreprensibile ma questo è frequentemente collegato alla possibilità reale di avere una sicurezza economica veramente florida in quanto di allevamento “serio” non si vive! Gli allevamenti amatoriali, (e non sto parlando del vicino di casa che fa una cucciolata con la sua cagnolina), hanno dalla loro forse un minor costo complessivo dato dal minor numero di soggetti presenti in allevamento ma ciò non è certo sempre conferma di qualità dell’allevamento. Pertanto ritengo che una buona selezione sia data dalla grande passione con cui un allevatore mette nel suo operato sempre e comunque anche a scapito di guadagni immediati.
La qualità come selezione e ricerca paga? Vista la richiesta al risparmio del cliente poco informato? Come si garantisce in termini fattivi questa qualità? Secondo il mio modesto parere la qualità paga sempre, magari un po’ più in là nel tempo, ma i riscontri ci saranno sicuramente; così come vale il contrario! Una selezione seria, fatta anche attraverso gli errori, porta sempre dei risultati soddisfacenti anche se forse non eccelsi nell’immediato. Il cliente spesso si affida a persone di dubbia serietà per la smania di avere il cucciolo subito e possibilmente a poco. Ho potuto constatare negli anni che questo tipo di clientela si seleziona da sola in quanto i veri appassionati si rendono conto che risparmiare sul costo d’acquisto è spesso sinonimo di poca salute del cane e di molte spese successive di cui è difficile stabilire l’entità e in seconda battuta (cioè in caso di nuovo cucciolo) tendono a rivolgersi ad allevamenti seri che danno nel limite del possibile delle garanzie documentate; mentre i clienti che non hanno una seria affezione per il proprio cane pensano di essere stati comunque furbi e che l’allevatore “professionale e professionista” volesse solo fregarli, chiedendo loro un prezzo assurdo, ma questi tipi di clienti è meglio perderli che trovarli!
Un allevatore può e deve fare il possibile per creare dei soggetti sani e con meno tare possibili (almeno per quelle testabili), dando al cliente almeno prova che tutti i test e o indagini cliniche generali e specifici della propria razza sono stati eseguiti. Nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere il futuro ma almeno si sarà data prova di serietà e correttezza nello scegliere/selezionare stalloni e fattrici, (poi come si sa la sfiga è sempre dietro l’angolo).
Dov’è la falla nella informazione per cui prezzo = cane sano. Cosa non si comprende quando si parla di costo allevatoriale? E cosa dovrebbe determinare la scelta dell’allevamento? Forse la scarsa informazione può partire anche da una certa reticenza da parte degli allevatori di parlare apertamente di sé, delle propria attività di selezione e dei prezzi praticati, per un qualche timore non ben specificato. Oggi forse rispetto a ieri c’è comunque più competenza e informazione da parte dei clienti stessi che spesso pongono già quesiti sensati e chiarimenti specifici sulla razza stessa e sugli eventuali problemi di salute che potrebbero presentarsi. Spesso mi è capitato di poter discutere serenamente con persone interessate all’acquisto di un cucciolo e presentando loro almeno una parte delle spese che un allevatore deve sostenere per una cucciolata, ho notato un certo stupore nei loro occhi poiché non sospettavano nemmeno potesse nascondersi una tale quantità di costi dietro ad una cucciolata.
I controlli genetici servono alla selezione o garantiscono il cliente? Oggigiorno, credo non sia più possibile (o per lo meno non si dovrebbe) allevare senza l’ausilio dei test genetici che ci permettono di scegliere e selezionare stalloni e fattrici ancora prima di pensare per loro un futuro riproduttivo. I test genetici sono, per me, fondamentali in un metodo allevatoriale serio e costruttivo, rappresentano infatti una pietra miliare del futuro della riproduzione. Anche solo 10 anni fa test per determinare alcuna patologie erano impensabili ma oggi, non ci sono più scusanti, devono infatti essere eseguiti tutti i test possibili che la moderna medicina ci permette. Alcuni amici allevatori spesso mi criticano in modo veemente perché escludo dalla riproduzione quelle fattrici e/o stalloni che non sono puliti (clear) nei test genetici o presentano mancanza di denti o perché affetti e/o portatori di MDR1 o ancora non perfetti di anche e gomiti ma questa è una mia scelta allevatoriale e siccome non devo vivere di allevamento voglio poter fare le scelte che ritengo più opportune, tenendo presente che non si avrà comunque certezza di “soggetto sano al 100%”. La classica domanda è: “ma allora tu escluderesti dall’allevamento quel bellissimo soggetto SOLO perché non ha questo o ha quello?” Ebbene sì! Ovviamente io mi riferisco sempre a razze consolidate e ben rappresentate nel mondo e non a razze nuove o recuperate di recente, per le quali ovviamente non si può stringere la selezione salvo non perdere patrimonio genetico essenziale. Ormai nelle razze con alle spalle una selezione pluriennale è necessario porre dei limiti con il solo scopo di raggiungere il quasi totale benessere fisico dell’animale stesso in quanto la “bellezza da standard” è già stata acquisita.
Quali tecniche strettamente selettive sono oggi considerate obsolete? Una volta si ricercava quasi esclusivamente la bellezza a scapito di salute e benessere oggi fortunatamente non è più così, o quasi.
Quanto incide nella decisione di mettere in riproduzione un soggetto la sua morfologia rispetto ad altre caratteristiche quali carattere e salute? A mio parere un soggetto tipico, sano ed esente da patologie genetiche è sempre da preferire a un altro magari più “bello da standard” ma non perfettamente sano. Il mio ideale, che fortunatamente ora, coincide anche con quello dei nuovi regolamenti FCI è quello di ottenere soggetti “funzionalmente” belli e sani. Quindi cerco, sempre più, di selezionare soggetti con ottimi livelli di carattere, morfologia e salute.
La normativa non tutela l’allevatore serio? Quali le falle normative che permettono ai cagnari di proliferare. Le nuove tecnologie permetterebbero di ridurre le truffe, per es. il deposito obbligatorio del DNA per tutti . Quali soluzioni? In realtà non vedo alcuna tutela per l’allevatore serio soprattutto da parte degli enti deputati. Sono sempre cadute nel vuoto tutte le richieste di diversificare i pedigree tra quelli normali e quelli che provengono da selezioni accurate. Così come l’impedire più di una gravidanza all’interno di un anno solare. Sono anche un sostenitore del cosiddetto “endorsement” cioè la possibilità di un allevatore di cedere soggetti che siano inibiti alla riproduzione senza il proprio consenso e nei metodi e modi che egli ritiene più opportuni. Occorrerebbe un divieto ufficiale di riproduzione dei cani di proprietà di privati e in modo tale si ridurrebbe drasticamente anche il fenomeno del randagismo e dell’abbandono. Il deposito del DNA lo ritengo fondamentale per tutti i soggetti ma difficilmente si riuscirà ad ottenere senza una legislazione specifica.
Quanto la sinergia con i Veterinari determina il successo allevatoriale? Tale successo inteso anche come qualità del lavoro di collaborazione tra veterinario e allevatore è determinato molto dall’apertura mentale e dalla disponibilità del medico veterinario stesso. Purtroppo, salvo rarissimi casi, il veterinario non è e/o non è stato anche allevatore e di conseguenza non riesce a concepire le dinamiche e le tecniche allevatoriali con tutte le problematiche che ne conseguono; questo spesso porta a veri e propri scontri tra le parti sulla gestione sanitaria dell’allevamento. Trovare un veterinario preparato, comprensivo, di larghe vedute e con spirito allevatoriale è veramente difficilissimo ma se e quando lo si trova occorre tenerselo stretto come una perla rara. Se la sinergia delle due parti è buona i risultati saranno ottimi.
D.C.