Come gli animali avvertono l’arrivo delle malattie: il legame invisibile tra specie diverse in azione

Come gli animali avvertono l’arrivo delle malattie: il legame invisibile tra specie diverse in azione

Matteo Casini

Dicembre 9, 2025

Immagina un cane che all’improvviso si blocca e si concentra su una piccola chiazza di pelle sul suo proprietario, un dettaglio apparentemente insignificante. Quel comportamento insistente finisce per rivelare una malattia in fase precoce, spesso ancora invisibile ai controlli medici tradizionali. Questa situazione, che potrebbe sembrare un caso isolato, apre uno spiraglio importante sulla capacità reale degli animali di riconoscere malattie nell’uomo, sfruttando un senso spesso sottovalutato: l’olfatto. Da oltre vent’anni, i ricercatori stanno indagando come questo talento naturale possa essere applicato nella diagnosi precoce di patologie complesse, con risultati che iniziano a essere sempre più convincenti e concreti.

Il motivo per cui l’olfatto animale è così rilevante sta nel fatto che molte malattie rilasciano composti organici volatili (COV) nel corpo, tracce chimiche percepibili dagli animali. Questo ruolo sensoriale, comune a diverse specie, non serve solo per trovare cibo o riconoscere altri individui, ma anche per captare segnali legati a condizioni biologiche anomale. In natura, ad esempio, i roditori usano questo senso per evitare predatori sconosciuti, affidandosi a un’intuizione innata. Lo stesso meccanismo viene attualmente studiato per la diagnosi di alcune malattie infettive, metaboliche o tumorali nell’uomo, dimostrando che gli animali possono individuare sintomi ancora inespressi.

Non solo cani: olfatto, addestramento e nuove frontiere

Da sempre i cani dominano questo campo per la loro capacità innata di distinguere gli odori, affinata attraverso un addestramento basato sul rinforzo positivo. Questo tipo di formazione permette loro di riconoscere composti specifici, come ad esempio il toluene associato al tumore polmonare o l’acetone legato al diabete, manifestando comportamenti chiari quando identificano un campione contaminato. A differenza degli esami clinici tradizionali, che possono richiedere tempo e procedure invasive, i cani offrono un modo diretto e immediato di segnalare anomalie.

Come gli animali avvertono l’arrivo delle malattie: il legame invisibile tra specie diverse in azione
Come gli animali avvertono l’arrivo delle malattie: il legame invisibile tra specie diverse in azione – thedailybulldog.it

Negli ultimi anni, però, l’interesse si è allargato anche ad altre specie. I ratti, per esempio, sono stati esplorati come sensori biologici con applicazioni concrete nella diagnosi della tubercolosi e di altri tumori, offrendo un’alternativa più economica e rapida rispetto agli esami di laboratorio convenzionali. Altri animali come nematodi, api, formiche e persino moscerini appartenenti al genere Drosofila hanno suscitato attenzione per la loro possibile utilità nei test su colture cellulari e malattie specifiche, soprattutto quando le considerazioni etiche o i costi limitano l’uso dei mammiferi.

Un aspetto che spesso sfugge a chi vive in città è che queste ricerche coinvolgono non solo animali domati o selvatici, ma anche invertebrati, che potrebbero rappresentare il futuro della diagnostica non invasiva, riducendo l’impatto etico e ampliando la disponibilità di test per paesi o aree con risorse limitate.

Esempi concreti e apparecchiature tecnologiche alle porte

Tra i tanti casi raccontati c’è Charles, un ratto addestrato per fiutare la tubercolosi in campioni di espettorato, capace di individuare nuovi casi in pochi minuti con un costo di addestramento molto inferiore rispetto a quello di un cane. Mentre le tecniche di laboratorio tradizionali, come la ricerca del DNA, rimangono più precise, la rapidità e il basso costo rendono questo tipo di diagnosi probabilmente più accessibile in zone dove la tubercolosi è ancora endemica.

Nel settore canino, invece, le prime osservazioni risalgono a eventi fin dagli anni Ottanta, quando cani hanno mostrato interesse spontaneo per lesioni sospette sulla pelle dei loro padroni, anticipando diagnosi poi confermate. Oggi, cani ben addestrati sono in grado di riconoscere tumori alla prostata, al colon-retto, alla vescica e alle ovaie con un alto grado di precisione. Una ricerca italiana ha dimostrato come i cani possano identificare campioni di urina di pazienti con tumore alla prostata nel 98% dei casi: un dato che rivela quanto la loro presenza potrebbe integrare gli screening clinici tradizionali.

La scelta delle razze non è casuale: la maggior parte degli studi coinvolge Labrador retriever e Border collie di taglia media, ma anche cani di taglia grande come Pastore tedesco e Malinois. Alcuni progetti sperimentano anche cani di taglia piccola o razze meno comuni, insieme a diversi roditori e insetti. Un dettaglio che molti sottovalutano è il bilanciamento tra capacità diagnostica e aspetti etici ed economici: per questo la ricerca si spinge verso soluzioni con invertebrati meno gravose per gli animali e più sostenibili nelle spese.

In parallelo, la tecnologia sta inseguendo un’altra strada, con lo sviluppo di nasi elettronici in grado di individuare precocemente i composti volatili delle malattie, senza coinvolgere esseri viventi. Nonostante i progressi, questo traguardo sembra ancora distante e, per ora, la collaborazione con gli animali resta l’unica risorsa concreta e accessibile per diagnosi rapide e non invasive.

Chi osserva questi sviluppi può notare come sia in atto una trasformazione che ridefinisce il modo in cui si pensa alle diagnosi mediche, integrando saperi tradizionali con capacità naturali fuori dall’ordinario e mostrando nuove possibilità per la medicina preventiva in diversi contesti, dall’Italia all’Africa.

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