Dal 2026 prezzi più bassi per crocchette e alimenti speciali: vantaggi per chi ha cani e gatti

Dal 2026 prezzi più bassi per crocchette e alimenti speciali: vantaggi per chi ha cani e gatti

Matteo Casini

Dicembre 10, 2025

Alla cassa del negozio per animali di quartiere lo scontrino è spesso un promemoria amaro: sacchi di cibo terapeutico che pesano sul budget familiare. Per chi vive con un cane o un gatto affetto da patologie, questa spesa non è un vezzo, ma una necessità. Nel corso dell’anno, l’onere economico per alimenti veterinari e crocchette speciali può diventare un elemento che complica la gestione della casa. Il dibattito attuale sulla Legge di Bilancio 2026 va proprio in questa direzione: ridurre il carico fiscale su alimenti dedicati alla salute degli animali, riconoscendo così un legame importante tra tutela della salute e welfare. Non è solo una questione di mercato, ma un tentativo di rispondere a esigenze di cura che ormai coinvolgono molte famiglie italiane.

Una spesa sempre più gravosa per chi ha animali

In Italia la spesa per i prodotti destinati agli animali domestici continua a crescere, con il pet food tassato oggi al 22%, proprio come la maggior parte dei beni di consumo comune. L’emendamento discusso propone una revisione di questa aliquota per gli alimenti terapeutici prescritti da veterinari, ipotizzando la possibilità di scenderla al 4%, equiparandoli così ai farmaci, o in alternativa al 10%, vicina ad altri beni di necessità. La logica alla base è semplice e concreta: chi deve seguire una dieta prescritta non ha margine di scelta e il prezzo maggiore incide pesantemente sul bilancio familiare, generando una fragilità che riguarda anche chi lavora nel sociale.

Dal 2026 prezzi più bassi per crocchette e alimenti speciali: vantaggi per chi ha cani e gatti
Dal 2026 prezzi più bassi per crocchette e alimenti speciali: vantaggi per chi ha cani e gatti – thedailybulldog.it

Un risparmio medio di circa 600 euro l’anno per famiglia appare significativo secondo alcune stime presentate, ma un dettaglio che molti tendono a sottovalutare riguarda l’impatto sulle associazioni e i volontari. Spesso sono loro a dover sostenere i costi per cure e alimentazione di animali in difficoltà, e questa pressione economica condiziona la loro capacità di intervento. Chi vive nelle grandi città nota quotidianamente come l’aumento dei costi per alimenti specifici si aggiunga ad altre spese veterinarie, creando una barriera reale al mantenimento di animali in salute.

Proposte contro ostacoli: che cosa cambia davvero

La proposta di riduzione dell’Iva sugli alimenti veterinari non è una novità: in passato il Partito Animalista aveva presentato disegni di legge per abbassare l’aliquota al 4%. Oggi, come emendamento alla Manovra, la questione torna e si prepara a essere discussa in Commissione Bilancio e poi in Aula. Se diventerà legge, il cambiamento si tradurrebbe subito in un alleggerimento della spesa domestica e in un aiuto concreto per chi gestisce animali in stato di necessità.

Dal punto di vista tecnico, resta però un’importante sfida: capire quali prodotti rientreranno nelle agevolazioni. Si sta valutando se includere solo gli alimenti con prescrizione veterinaria o estendere la riduzione anche a integratori e dispositivi alimentari correlati. Questo dettaglio è fondamentale perché influenzerà il numero di beneficiari e le risorse necessarie a coprire il minor gettito fiscale. Un aspetto che spesso sfugge a chi vive lontano dai centri decisionali è l’estrema complessità nel classificare un prodotto come “terapeutico”.

In mancanza di fondi chiari, spiegano i tecnici, il rischio è che l’emendamento resti solo una proposta sulla carta. Restano aperti diversi scenari: da una riduzione limitata ai cibi dietetici con prescrizione, a interventi più ampi ma più difficili da finanziare. Se la misura riuscirà a passare, sarà comunque un segnale importante di attenzione verso la realtà economica quotidiana che affrontano molte famiglie con animali domestici. In alcune città italiane il dibattito ha già acceso speranze, perché una tassazione più leggera significherebbe meno rinunce e più risorse dedicate alla cura quotidiana degli animali.

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