Il ruggito potente dei grandi felini che domina la natura e cattura l’attenzione generale

Il ruggito potente dei grandi felini che domina la natura e cattura l’attenzione generale

Matteo Casini

Dicembre 15, 2025

Sentire un ruggito di leone nella savana non è solo un’esperienza impressionante, ma anche un elemento chiave per capire il comportamento e la classificazione dei grandi felini. Non tutti i grandi felini, infatti, sono capaci di emettere questo potente richiamo, un dettaglio che influisce sulle loro distinzioni scientifiche e sui criteri usati per identificarli. Questa distinzione ha radici profonde ed è legata a caratteristiche anatomiche precise, fondamentali per chi studia la biodiversità e l’evoluzione di questi predatori.

La classificazione dei felini tra semplicità e complessità

Quando nel XVIII secolo Carlo Linneo iniziò a catalogare i felini, lo fece con una precisione che oggi ricorda quasi un lavoro di base, usando descrizioni essenziali ma efficaci. Con la sua opera “Systema Naturae” diede nomi latini precisi come Leo per il leone, caratterizzato da una coda finale a ciuffo e da una folta criniera nel maschio, oppure Tigris per la tigre, con il suo corpo maculato di strisce, o ancora Pardus per il leopardo, facilmente riconoscibile per la pelle a macchie.

Il ruggito potente dei grandi felini che domina la natura e cattura l’attenzione generale
Il ruggito potente dei grandi felini che domina la natura e cattura l’attenzione generale – thedailybulldog.it

In quei primi tempi la distinzione tra specie era abbastanza semplice e si basava su caratteristiche visibili, ma il continuo avanzamento scientifico ha complicato questa visione. Lo studio delle ossa, delle funzioni fisiologiche e dei comportamenti ha mostrato una realtà più varia. Chi osserva da vicino queste specie sa bene quanto si è spostata la soglia della conoscenza sul numero di specie di felini e sulla loro differenziazione nell’arco del tempo.

Un aspetto che sfugge a chi vive in città è proprio questo: dietro il nome di “grandi felini” c’è una varietà biologica e tassonomica che si evolve anche grazie a nuove metodologie di studio, portando a revisioni continue delle loro classificazioni.

Cosa distingue i felini che ruggiscono dagli altri

Non tutti i membri della sottofamiglia chiamata Pantherinae, comunemente associata ai “big cats” capaci di ruggire, possiedono questa abilità. Studi recenti hanno infatti messo in luce che alcune specie, come il leopardo delle nevi e i leopardi nebulosi, non riescono a emettere il ruggito. La ragione principale risiede nella struttura del loro apparato vocale, in particolare nell’osso ioide che in questi animali è rigido e ossificato, limitando la capacità di modulare il suono.

Il ruggito del leone, al contrario, è un fenomeno sonoro impressionante: può coprire distanze fino a 8 chilometri nella savana e serve a segnare il territorio di un branco. Il segreto di questa potenza è nella laringe di dimensioni considerevoli, dotata di corde vocali robuste e di cuscinetti fibroelastici che permettono un’emissione sonora vibrante e intensa. Gli spazi di risonanza formati dalla cavità orale, dalla faringe e dalla trachea amplificano ulteriormente il suono.

Un dettaglio che molti sottovalutano è la mobilità proprio dell’osso ioide non ossificato nel leone, che consente ai muscoli della faringe di abbassare la laringe durante il ruggito, amplificando il richiamo. Felini come tigri, giaguari e leopardi hanno laringi più piccole e quindi un suono meno potente, mentre le specie con corde vocali minute come il leopardo delle nevi producono solo ringhi e soffi più limitati.

Le nuove prospettive sulla famiglia felina

Il dottor Giovanni Giuseppe Bellani, zoologo esperto e consulente per diversi musei di storia naturale in Italia, ha approfondito la questione pubblicando un lavoro scientifico che analizza la classificazione attuale della famiglia Felidae. Oltre a chiarire le differenze tra le 41 specie riconosciute e le 77 sottospecie note, la sua ricerca aggiorna il quadro sulla situazione conservativa secondo gli standard internazionali.

Questa riclassificazione rappresenta un passo importante per comprendere anche le strategie di tutela necessarie per ogni specie, molte delle quali minacciate dalla perdita di habitat e dal bracconaggio. Un aspetto che in pochi considerano è quanto questa ricerca possa influenzare la conoscenza pubblica e le campagne di conservazione a livello locale, specie in aree dove il contatto con questi animali è più frequente.

Nel corso dell’anno seguente, segnali di interesse crescente da parte della comunità scientifica suggeriscono un’attenzione sempre maggiore verso questi temi, elementi che influenzano direttamente la gestione delle aree protette, in Italia e nel mondo.

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